Come scegliamo il nostro partner?
Siamo consapevoli che oltre agli occhi, la bocca e l’aspetto fisico incide su di noi qualcos’altro che agisce a nostra insaputa?
Spesso nella prima fase della conoscenza siamo attratti da alcune caratteristiche di cui siamo bene a conoscenza: c’è chi guarda il viso, chi è attratto dall’intensità dello sguardo, dall’atteggiamento… ma quando entriamo nel rapporto intimo e sentimentale ci accorgiamo che qualche cosa è cambiato nella nostra percezione e spesso dobbiamo ammettere di aver sbagliato la scelta. Vi è mai capitato?
I motivi basilari sono legati ai bisogni fondamentali dell’uomo come l’attaccamento, l’accudimento ed il bisogno sessuale, indipendentemente dalla tipologia del legame che cerchiamo e dalla sua durata. Il “bisogno di attaccamento e di accudimento” è la necessità di ricevere sicurezza e di darla prendendosi cura di altre persone. Tale bisogno è assolutamente fisiologico nella natura umana. Può capitare però che ciò che ci lega all’altro è solo la paura della solitudine o l’angoscia di trovarci senza punti di riferimento ai quali poterci appoggiare in caso di necessità. La spinta sessuale e riproduttiva invece, pur non ricoprendo più la funzione primaria di mantenimento della specie umana, rimane un valore significativo nel mantenimento della relazione perché crea intimità ed appartenenza reciproca.
La scelta del partner coinvolge solo apparentemente due persone e spesso non ne siamo consapevoli. Quali sono i fattori che ci spingono a scegliere una persona piuttosto che un’altra? Siamo veramente liberi in questa scelta?
Facciamo una piccola premessa: il requisito indispensabile per una buona relazione è la fiducia.
Per poterla sviluppare e concedere è fondamentale la qualità del legame che si è creato con chi originariamente si è preso cura di noi. Quanto più è stata soddisfacente la relazione con la nostra figura di accudimento, tanto più potremmo sviluppare un’atteggiamento di fiducia negli altri e nelle nuove relazioni. Quanto più quella relazione primaria è stata ambigua ed insoddisfacente riguardo ai propri bisogni personali, tanto più si svilupperanno in noi comportamenti ambigui ed evitanti nei confronti dell’altro.
Quindi possiamo affermare che la scelta del partner è spesso legata alla propria storia e a quella della propria famiglia di origine.
Per somiglianza scegliamo come partner un individuo che assomigli al nostro genitore di sesso opposto.
Per differenza invece cerchiamo qualcuno che apparentemente si discosti dal nostro modello genitoriale.
Alla fine scopriamo però che in ogni caso il partner che abbiamo scelto risulta essere non adeguato a quello che cercavamo. È sbagliato perché assomiglia proprio al modello del genitore frustrante che cercavamo di evitare. Queste caratteristiche che fuggivamo, durante il corteggiamento erano sommerse o non le avevamo riconosciute, come si dice: “avevamo gli occhi foderati di prosciutto“.
D’altronde nell’innamoramento, come si dice, “perdiamo la testa” intendendo dire che le nostre capacità cognitive si affievoliscono. È la fase dell’illusione di coppia, nella quale gli aspetti negativi dell’altro sembrano scomparire per magia ed è forte l’aspettativa che l’altro colmi i nostri bisogni di intimità, comprensione e riconoscimento che ci portiamo dietro dalla nostra storia personale. Per esempio, siamo colpiti dall’animo gentile del nostro partner che ci fa sentire amati, visti, rispettati, colmando il nostro bisogno non soddisfatto adeguatamente dai nostri genitori, che erano poco presenti o distaccati affettivamente; oppure ci è piaciuta la capacità di affidarsi della nostra partner e la sua dolcezza che ci faceva sentire importanti, colmando il nostro bisogno di riconoscimento mai appagato dalla nostra famiglia.
Le caratteristiche che ci colpiscono dell’altro, quindi, a parte l’aspetto esteriore, sono il risultato di quanto abbiamo sperimentato nella nostra storia familiare.
Il mandato familiare è il compito assegnato dalla famiglia a ciascun membro. Questa richiesta può essere più o meno esplicita e consapevole, e riguarda i ruoli che ogni membro sarà chiamato a ricoprire e le aspettative che sarà chiamato a soddisfare in generale dalla famiglia. È evidente che questa richiesta comprende anche le indicazioni sulla scelta del partner più adeguato e opportuno.
Il prevalere dell’uno o dell’altro aspetto dipende dal livello di maturità della relazione, dal livello di differenziazione con i nostri genitori, da quanto siamo riusciti a definirci ed individuarci dalla nostra famiglia originaria.
Se prevale il mandato familiare, l’individuo riterrà che le indicazioni della sua famiglia descrivano effettivamente il tipo di legame più idoneo al soddisfacimento dei suoi bisogni personali. Egli presterà dunque molta attenzione alle caratteristiche esteriori dei potenziali partner che incontrerà, come il ruolo, la posizione sociale, i comportamenti osservabili per testare se corrispondano o no alle aspettative del mandato familiare. Le qualità affettive non saranno al centro della sua attenzione, poiché verranno ritenute secondarie alle caratteristiche esteriori.
Se prevale la ribellione al mandato familiare, la scelta del partner avverrà cercando solo le caratteristiche diametralmente opposte a quelle previste dalle aspettative familiari. In questo caso, la scelta avrà una funzione liberatoria rispetto a tutti quei vincoli affettivi e relazionali vissuti come limitanti.
Cosa succede con il trascorrere del tempo?
Con il progredire dell’età e delle esperienze personali la scelta del partner diventa sempre più complessa e soggetta ad un maggior numero di esigenze, questo perché le aspettative e le caratteristiche che cerchiamo evolvono insieme a noi in base proprio alle esperienze vissute. Risulta evidente che quanto più le relazioni con la famiglia di origine saranno prive di conflitti irrisolti e di aspettative imperanti,
Come incidono le esperienze precedenti?
Spesso le persone si trovano ad affrontare situazioni simili in relazioni diverse. Vi è mai capitato di pensare:
Ciò avviene perché, inconsapevolmente, ricerchiamo persone che ci possano consentire di risolvere le problematiche e le difficoltà relazionali già incontrate e mai superate, mettendo in atto sempre i soliti tentativi. Infatti veniamo colpiti, ad esempio, da un’espressione del viso o da un atteggiamento che ci colpisce senza renderci conto che quella caratteristica è evidentemente carica di ricordi emotivamente significativi. Questi ricordi inconsapevoli incidono sull’attrazione che proviamo rispetto ad un soggetto perché ci ricollegano a relazioni affettive passate, sia positive che negative. Le prime impressioni sono quelle che contano e spesso sono legate a messaggi verbali e non verbali, ad atteggiamenti che riconosciamo immediatamente come familiari accendendo così il nostro l’interesse per l’altro.
Diviene chiaro, allora, il meccanismo con il quale scegliamo inconsapevolmente una persona: riconosciamo che abbiamo in comune con lei esperienze positive o negative e veniamo mossi dalla segreta speranza che essa possa colmare i nostri disagi e le nostre mancanze. Il rischio è che ci illudiamo di trovare nell’altro il pezzo mancante in noi, nella nostra esistenza, di trovare qualcuno che vada a compensare i nostri bisogni insoddisfatti e le nostre relazioni problematiche passate.
Diviene fondamentale allora conoscere se stessi e la propria storia familiare e tenerla presente per individuare gli automatismi che entrano in gioco quando scegliamo un partner, quegli automatismi dei quali dobbiamo in primis diventare consapevoli noi. Conoscersi permette di scegliere un partner non attribuendogli aspettative irreali o caratteristiche che non gli appartengono, destinate a farci sentire frustrati e delusi nella realtà quotidiana nel momento in cui scopriamo che non sono caratteristiche dell’altro ma nostre esigenze.
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